A Bologna ha aperto i battenti la Fiera del LIbro per ragazzi. Qualche novità e parecchie consuetudini.Tra queste ultime i cafè letterari o meglio della critca, occasione per fare un po’ il punto del mercato del libro per bambini. Ci interessava molto sapere cosa esperti del calibro di Nicola Galli Laforest dell’associazione Hamelin, Anselmo Roveda della rivista Andersen e Eros Miari, promotore del progetto FuoriLegge avessero da dire sulle tendenze dell’editoria per ragazzi. I dati emersi mettevano sostanzialmente tutti d’accordo. Dopo la nascita, sul finire degli anni ’90, di alcune piccole case editrici oggi affermate e un successivo lungo periodo di aridità, negli ultimi due anni si è verificato un rilevante fenomeno di fioritura di piccole case editrici particolarmente innovative. A trainare questa rinascita la categoria di albi aillustrati che stanno conoscendo un periodo di grande fortuna: idee nuove, giovani e sorprendentemente creative hanno trovato il modo di vedere la luce alzando la qualità del comparto. Questo a discapito, però, della narrativa, specie quella destinata alla fascia 8-12 anni. Per costoro, i bambini di quarta e quinta elementare e di prima media, molti libri di qualità modesta e i classici, più o meno rivisitati.
Ci ha un po’ delusi il fatto che durante il dibattito, taluni temi importanti siano stati toccati, ma nessuno abbia realmente tentato di dare una risposta. Si è detto ad esempio, che emerge una forte discrepanza tra ciò che i bambini della seconda fascia scolare leggono (e quindi comprano) e ciò che la critica recensisce positivamente e promuove. Qualcuno si chiedeva se gli autori non avessero perso la capacità di scrivere servendosi di un registro linguidstico adatto a quel tipo di pubblico. Altri invece difendevano il ruolo del critico che deve tentare di educare il lettore proponendo cose un po’ più difficili di quanto il lettore stesso non cercherebbe. Sacrosanta riflessione, ma a nostro avviso limitata. Dei fenomeni oggettivi val la pena chiedersi le ragioni.
Di fatti, più tardi a Eros Miari abbiamo chiesto se il sistema scolastico italiano non abbia delle colpe oggettive in questo stato di cose: non è forse vero che troppo spesso i ragazzi raggiungono le ultime classi delle elementari senza aver acquisito patrodanza della tecnica di lettura? La questione meramente tecnica non è sembrata rilevante per Miari, il quale punta piuttosto sulle strategie per promuovre la lettura critica da parte dei bambini e imputa le deficienze alla mancanza di tempo. “I tagli alla scuola” ci ha detto ” finiscono col farsi sentire nei termini oggettivi di una riduzione delle ore di insegnamento e quando si è costretti a scegliere si tagliano i “rami secchi”: la promozione della lettura è considerata un ramo secco. Va inoltre riconosciuto che per le stesse ragioni le insegnanti non maturano competenze specifiche in questo campo e improvvisano, mentre all’interno delle famiglie non è prioritario stimolare i bambini in questo senso.”
Concordiamo, pur continuando a pensare che proprio certe tecniche di apprendiemnto della lettura finiscano col penalizzare quella parte di scolari meno “imclii a impegnarsi”, che si trovano già grandi a fare molta fatica a leggere e quindi ad appassionarsi alla lettura.
L’altra domanda che abbiamo posto a Miari era relativa ai contenuti. Se è vero che un libro anche se difficile per linguaggio e struttura, quando tocca le corde profonde del desiderio di un bambino, finisce quasi sempre col fare breccia nelle sue reticenze, quali sono i temi su cui sta puntando l’editoria italiana?
“Io non sopporto i “libri medicina”, quelli pensati per risolvere un problema, tipo la morte di un parente o la separazione dei genitori, ma vanno molto di moda. Credo che le energie per affrontare le cose difficili della vita un bambino le trovi nella famiglia e le possa al limite coltivare in un percorso di letture condiviso e continuato. Fortunatamente non c’è solo Geronimo Stilton e parecchie case editrici hanno avuto il coraggio di affrontare quest’anno temi sociali importanti, mentre il lavoro di offrire ai ragazzi un territorio di confronto con tematiche esistenziali è ancora ffidato ai classici sul genere “Cronache di Narnia” e alla favola.”
Il quadro è chiaro. Eppure una domanda ancora rimane: perchè gli adulti di oggi non riescono a inventare (leggere quelle già scritte in tempi più certi, sì) storie che portino un giudizio sulle più elementari dinamiche umane?
Da semplice , ma assidua, lettrice di libri per l’infanzia, anche io ho avuto l’impressione che l’editoria di qualità per bambini non abbia sofferto della crisi: vedo tante mamme scegliere sempre più libri che non hanno niente a che vedere con le mode e le liste dei best seller, ma che puntano sulla bellezza delle illustrazioni e sulla profondità delle tematiche