L’evoluzione di Calpurnia

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scritto da Jacqueline Kelly

edito da Salani Editore

Bisogna proprio leggerlo questo libro. Anzi bisogna “iniziarlo”, perché una volta incominciato, credo sia difficile non lasciarsi catturare e correre trascinati dal placido e gorgogliante flusso della narrazione fino all’ultima pagina. Un romanzo davvero ben scritto. La prosa rapida e fresca si muove sul solco della miglior tradizione americana e le rende onore. Tutto appare sorprendentemente credibile: il punto di vista è quello di una ragazzina di “in-pratica-dodici-anni” e nulla, se non una certa consapevolezza letteraria che si potrebbe però imputare a un giustificabile lavoro di revisione, farebbe sospettare che a scrivere non sia stata davvero una bambina. Nel racconto di una “quasi dodicenne” emergono la freschezza dei ragionamenti, il suo stupore, le sue incertezze, le sue ingenuità, ma anche la fermezza che un’educazione rigorosa “regalava” alle generazioni passate e che potrebbe sorprendere i giovani lettori di oggi.

La storia si snoda nell’arco di pochi mesi,  a cavallo tra il 1899 e il nuovo secolo, nella provincia texana. Tre stagioni, per rimanere nell’ottica di Calpurnia, ma anche di tutto il suo mondo ancora legato ai ritmi della natura. Meno di un anno durante il quale Calpurnia scopre la propria passione per le scienze naturali e, nel rapporto col nonno, non solo  acquisisce un metodo di studio e getta le basi per una solida formazione scientifica, ma impara a dare il giusto valore alle cose e a trarre giudizi  responsabili.

Qui si può fermare la lettura “adolescenziale” di questo romanzo, meglio la lettura “americana” (che non è molto diverso dal dire adolescenziale!). E qui alla sensibilità europea manca un po’ il fiato, perché questo romanzo non è perfetto e risulta anzi lacunoso di un fattore essenziale: una vera domanda. Sembra che non solo la ragazzina, ma tutto il contesto all’interno del quale ella agisce, si accontenti di misurare le dinamiche del creato e dell’umano vivere. Misurarle e aggiustarle, senza chiedersi il perché delle cose. Il perché della Bellezze e della Perfezione, ad esempio, o il perché di alcuni fratelli affettuosi e gentili e di altri dispettosi, di una madre così rigidamente attaccata ai propri doveri,  mai lieta, in apparenza, ma sempre fedele, di certe norme sociali,  di certi ineluttabili moti dell’animo. Il contesto, che nella figura del nonno trova il suo punto di autocoscienza e si esprime, esercitando un’azione educativa verso la bambina, risente come è ovvio del pensiero protestante. La realtà è uno spettacolo strabiliante, ma il contemplarla è una mera esperienza estetica, dopo di che essa rimane muta, non interroga gli uomini circa la loro natura (la loro ontologia, la loro essenza), non rimanda a una scaturigine e proprio nel momento in cui viene imbrigliata nel meccanismo chiuso della teoria darwiniana e assicurata alla brama di conoscenza dal metodo scientifico, che promette di svelarla in ogni suo recondito segreto, essa, la Realtà, perde il suo valore.

Qui Calpurnia cessa di evolversi. Meglio, la sua evoluzione è realmente compiuta, come d’altronde chiarisce il titolo. Un po’ come accade al grasso bruco Petey: da larva è divenuto farfalla (anzi, falena!) e tale morirà, da lì a poco tra l’altro. Ciò che le rimane da fare è studiare, indagare la natura e riportare nel suo taccuino i risultati delle sue ricerche. E questo non è molto diverso da quello che toccherà a Petey: succhiare nettare e spargere polline, cercando di evitare le lanterne accecanti.

Però all’inizio dicevo che questo libro è da leggere. Confermo il giudizio: i nostri preadolescenti non potrebbero che trarre vantaggio dall’immergersi in una realtà così remota, scomoda, limitata nelle comunicazioni, problematica, impegnativa eppure traboccante di entusiasmo e operosità. Il tutto tra l’altro ben descritto. Circa l’approccio alla realtà  dei personaggi, che siano provocati a confrontarsi.

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