Illustrato da Marco Somà
edito da Einaudi Ragazzi
Vincitore del premio Andersen 2012 come miglior libro 9/12 anni, questo romanzo si muove nel solco della tradizione mostrando come la stessa, animata da un grande talento, può essere ancora rinnovata e dare ottimi frutti.
Fabrizio Silei sceglie il tradizionalissimo diario come contenitore per la sua storia. Ma il diario non è solo un guscio, né il classico interlocutore di maniera, fa parte della storia, ne costituisce addirittura la scaturigine. Il piccolo Pino, 10 anni una misteriosa malattia al sangue che lo rende estremamente fragile e un mondo di agiatezze in cui viene tenuto come un oggetto di vetro nella custodia imbottita d’ovatta, si sente proprio così: un bijou di cristallo in una scatola imbottita, inutile e impedito a vivere. Fin quando la solare signora Eloisa non gli regala un diario sulla cui copertina è rappresentato tra sottili trame di seta un drago rosso. In quel diario Pino si sente invitato a scrivere di grandi battaglie e iniziando a farlo, scopre che la sua vita lungi dall’essere vuota e inutile è proprio questo: un’epica battaglia contro il male che lo condiziona, ma ancora di più contro tutti i suoi altri limiti, che sono i limiti di qualsiasi ragazzino della sua età, che deve crescere, deve imparare a relazionarsi con gli altri, deve imparare a prendere decisioni autonome, a scegliere gli amici, a seguirli, a valutare. Proprio quando è sul punto di credere di essere un esserino insignificante, privo di segreti, Pino scopre davanti alle pagine bianche di un “diario segreto” che la sua vita è piena di “doni”, piena di “tesori da nascondere” o meglio da affidare a un diario, perché li custodisca. Da quel momento, un capitolo per ogni segreto.
I modelli cui Silei si ispira sono esplicitamente citati nel romanzo, perché costituiscono le letture di Pino: Capitani Coraggiosi, L’isola del Tesoro, I ragazzi della via Pal, con il loro universo di personaggi forti, portatori inconsapevoli di valori inossidabili, di certezze morali. Siamo negli anni ’50, che sono un palcoscenico ideale, perché qui come in una sorta di Eldorado, i valori di cui sopra sono ancora ben radicati, crescono rigogliosi e sono punto di riferimento indiscusso delle nuove generazioni. Qui hanno agio di essere senza apparire grotteschi personaggi come Marco: umile, onesto, coraggioso, carismatico, eppure credibile. Qui può esistere anche il padre di Pino, raro esemplare della quasi estinta specie degli “educatori”, capace oltre che di “prendere decisioni” (quanti adulti oggi hanno ancora questa capacità?), anche di “perdonare”, di amare la propria moglie al punto da accogliere tutto il suo limite e da sapere attendere e abbracciare il suo cambiamento. Non a caso per Pino ad un certo punto, davanti alla frase “Alla sera della vita saremo giudicati sull’amore!”, è chiaro che il padre e la madre hanno un posto assicurato in Paradiso.
E arriviamo al Paradiso. Considerando che siamo in un ambiente borghese e negli anni ’50, probabilmente la spavalderia con cui Pino mette in dubbio i precetti della propria educazione religiosa, è eccessiva, ma il suo percorso è verosimile e scevro da retorica e ideologismi. Credo che un bambino di 10 anni possa realisticamente rimanere indifferente al clima culturale (la Dottrina non lo convince in sé: non lo solleva dalla sua condizione di sofferente e quindi ragionevolmente non lo coinvolge!) e poi però rimanere colpito da alcune Verità così umanamente corrispondenti da incidere e lasciare, pur rimanendo incomprensibili, una sorta di “profumo di Speranza”. Questo profumo ce l’hanno alcune citazioni del Vangelo e poi le rose, che nascondono il più grande dei segreti: il segreto della vita, che va al di là del suo nascere e morire, che è davvero eterna, ha un valore straordinario in sé e non può essere in alcun modo governata: è data da un Qualcuno, che è solito fare cose belle, come le rose appunto, ma i cui progetti sono imperscrutabili, misteriosi…