The brave – Ribelle

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diretto da Mark Andrews e Brenda Chapman

prodotto da Walt DisneyPixar

Non è appena la solita storia di ribellione adolescenziale, quest’ulimo splendido lungometraggio della Pixar, ma la prova che il connubio tra lo spirito disneyano e la creatività della Pixar hanno davvero rigenerato l’animazione, restituendole il compito narrativo.

The Breve è un film molto bello da vedere, con ambientazioni estremamente suggestive e curatissime. La tecnologia digitale raggiunge livelli molto alti e movimenti, gesti involontari, dettagli naturalistici sono strabilianti, eppure è un film che si può benissimo vedere in 2D, senza perdere il meglio. Perchè il meglio consiste nella storia, che qualcuno ha paragonato a quella della sirenetta Ariel, mancando a nostro avviso il bersaglio di parecchio.

Il rapporto conflittuale genitore-figlia qui non viene risolto con una banale affermazione della propra indipendeza da parte dell’adolescente che, dopo aver provato a far di testa propria, combinandone di ogni, esce dai guai grazie a un fortuito atto di generosità o coraggio proprio e spesso del genitore. I primi minuti del film sembrano voler scivolare in questo cliche: nella Scozia de X secolo, Merida è una pricipessa erede al trono di uno dei quatro clan in cui l’etnia si divide, ha spirito avventuroso, ama cavalcare, tirare co l’arco, adottare modi assolutamente informali. Ha per tutta la vita assecondato mal sopportandole le lezioni di buone maniere che la madre le ha impartito allo scopo di prepararla al suo destino: sposare uno dei figli degli altri tre capoclan. La vicenda assume una piega inatesa nel momento in cui la ragazza si mette in gara per conquistare la propria mano. Ma non è questo il punto di svolta: poco dopo  Merida si imbatte in una strega cui chiede di cambiare il proprio destino intervenendo su quello che crede essere l’ostacolo principale alla propria felicità: ovvero la madre. L’incantesimo imposto dalla strega però trasforma la regina in orsa e l’unico modo perchè non diventi permanente è “riparare lo strappo che l’orgoglio ha prodotto”.

Qui uno dei temi del racconto: lo strappo che deve essere ricucito non è certo quello che la spada ha inferto all’arazzo: perchè l’incantesimo venga spezzato merida deve smetterla di ripetere che la colpa non è sua, ma della strega e ammettere di aver peccato di orgoglio, deve chiedere perdono, accogliere la propria miseria che è cosa trascurabile ripetto al desiderio di avere di nuovo sua madre. Vista in parallelo con la vicenda del principe ricorso alla stessa strega dopo aver rotto coi fratelli e incappato nella stessa maledizione, la dinamica della redenzione che sottende la storia di Merida si chiarisce ancora di più: il principe infatti non si è pentito ed è rimasto prigionero del proprio peccato e si è trasformato permanentemente in una vera bestia. Quando muore il suo spirito indugia in un cenno di ringraziamento, perchè la morte lo libera, anzi, ormai è  rimasta per lui l’unica via di libertà  dalla condanna a una vita bestiale. Poi si trasforma in fuoco fatuo e può riprendere finalmente a fare del bene, o meglio ad adempiere a un copito buono: indicare la strada. Bella l’idea che i morti, gli antenati, stiano lì a  indicarci la direzione da prendere quando siamo in un bosco nebbioso…

Bello anche il percorso che fa la madre, che alla fine ammete: “Siamo cambiate entrambe”. Non a caso le viene imposto l’aspetto di un orso, a lei che ha contribuito a lacerare il legame con la figlia per una ricerca di perfezione formale. Proprio lei costretta a fare i conti con una mole troppo ingombrante, con la goffaggine e  con una voracità incontrollabile, sarà costretta a capire che non è sempre possibile censurare la natura delle cose e degli indivdui,  ridurre le  inclinazioni a schemi rigidi. D’altro canto proprio in quei frangenti lo strenuo attaccamento della regina all’etichetta è commovente, perchè è come se non volesse dimenticare chi è. E quei momenti di stranimento in cui prende a comportarsi come un orso vero, sono proprio segni del fatto che se ci si lascia andare ad atteggiamenti bestiali troppo a lungo, si finisce col trasformasi dentro …

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